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lunedì 2 marzo 2015

L'ANDAMENTO STORICO DEL DEBITO PUBBLICO ITALIANO DAL 1940 AD OGGI.

Salve gentili lettori.

In questo articolo vorrei trattare un tema che sicuramente già conoscerete nelle sue forme generali, ma che collegato ad aspetti storici italiani ed internazionali potrà fornirvi una visione d'insieme sull'argomento.
Il tema che tratterò in questo articolo sarà la storia del debito pubblico italiano.

Questo è un tema ripreso più volte per associare l'ammontare del debito, specialmente nel suo rapporto con il PIL, con la crisi economica che stiamo ancora attraversando. Ritengo che sia importante parlare di questo tema, perché è proprio attraverso di esso che potremo capire dove stia la verità sul suo legame reale con la crisi economica in atto nei paesi dell'Europa mediterranea.
Nello specifico, verificheremo la storia del debito pubblico italiano lungo il suo percorso cronologico che va dal 1940 al 2015 e vedremo quali tipi di fattori hanno inciso nella sua impennata.

Ma siamo davvero sicuri che la crisi nella quale ci troviamo dipenda dall'ammontare del debito pubblico?
Proviamo a darci una risposta specifica sul debito pubblico (approfondirò le motivazioni reali della crisi economica in un altro articolo.

Vi auguro una buona lettura.


Comincerei immediatamente col mostrarvi un grafico dell'andamento storico riguardante il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo. Insomma, il famoso debito/PIL, che ci servirà come guida verso i nostri ragionamenti storici. 



Ritengo che questo grafico sia il più indicativo, perché riesce immediatamente a mostrare i periodi nella quale in rapporto s'impenna ed i periodi nella quale, al contrario, il rapporto s'abbassa, senza eccessive difficoltà d'analisi.

                                                               Gli anni '60

Nel 1960, come apprendiamo dal grafico, il rapporto debito/PIL era inferiore al 40%, e si attestava esattamente sul limite del 36,86%.
Il livello del rapporto, negli anni immediatamente successivi toccò limiti addirittura inferiori, arrivando fino al minimo del 32,53 nel 1963.
L'andamento al ribasso del rapporto che stiamo prendendo in considerazione non era nuovo, al contrario, mostrava una tendenza ribassista ormai consolidata derivante dagli anni appena successivi alla seconda guerra mondiale. Dopo aver toccato un massimo del 107,94% nel 1943, il rapporto scese pesantemente negli anni immediatamente successivi (1944, 1945, 1946 in cui arrivò al 40%).
Erano gli anni del dopoguerra, della ricostruzione, ed un'Italia pressoché agricola, si apprestava a costruire il miracolo economico degli anni successivi.
Dal 1940 al 1970, il rapporto debito/PIL della nostra repubblica aumentò pochissimo, restando pressoché stabile intorno al 40%.

Storicamente gli anni '60 furono molto importanti per la nuova classe operaia del boom economico, la quota salari (della quale parlerò in un prossimo articolo) cresceva grazie alle pressioni dei sindacati e su questa scia anche il partito comunista salì di consensi.
Il 1968 fu l'anno delle lotte studentesche, dovute proprio al nuovo tenore di vita che permetteva anche alle classi operaie d'acculturarsi e poter ambire a posizioni più alte nella scala sociale.
In questo periodo le lotte proletarie investirono tutta l'Europa, e su questa spinta anche la nuova classe operaia italiana si accodò. Queste lotte proletarie, portarono nel maggio 1969 alla pensione sociale erogata dall'INPS (testo di legge: http://www.inps.it/NormativaExInpdap/30-04-1969-L153.pdf) e continuarono nei mesi successivi con ulteriori rivendicazioni, per il periodo ormai ribattezzato " Autunno caldo ". Scioperi ad oltranza, specie nel nord Italia, cuore del miracolo industriale.

                                                           Gli anni '70

Gli anni '70 furono un periodo piuttosto burrascoso per alcuni fattori che incisero pesantemente sul debito pubblico. Il rapporto debito/PIL salì rapidamente fino al 1974, portandosi sul 60% per poi stabilizzarsi lungo il decennio.
I fattori che dobbiamo prendere in considerazione nella valutazione di questo periodo sono diversi: le lotte sindacali, specialmente quelle prese in eredità dal 1969; lo scioglimento del sistema di Bretton Woods del 1971; lo shock petrolifero piuttosto pesante del 1973, e la recessione del 1975. Andiamo con ordine.

Le lotte sindacali e le rivendicazioni operaie derivate dal decennio precedente, portarono i lavoratori ad ottenere un'ulteriore impatto crescente sulla quota salari, che toccò il massimo storico nel 1975. Su questa scia di rivincita tra salari e profitti, il partito comunista arrivò ad ottenere consensi fino al 34% nel 1976 (ed è anche per quelle lotte che oggi, l'ideologia vecchia e fiera viene travasata in un contenitore PD, che non ha più nulla a che fare con certi ideali).
Gli anni '70, come vi ho anticipato furono un decennio piuttosto movimentato nelle tematiche internazionali: nel 1971, crollò il sistema di Bretton Woods, che manteneva i cambi nazionali fissati ad un valore fisso col dollaro, dal crollo che ne scaturì le valute cominciarono a fluttuare nel mercati, rivalutandosi o svalutandosi.
Il 1973 fu l'anno dello shock petrolifero, che portò il prezzo del greggio grossomodo a quadruplicarsi. Uno shock semplicemente dovuto a tematiche di politica estera, ma che colpirono l'economia, facendo alzare contestualmente i prezzi dell'energia, e quindi i prezzi dei beni. Difesi dalla quota salari in aumento, e grazie alla scala mobile il potere d'acquisto rimaneva comunque pressoché inalterato.
Per questi motivi, arrivò una recessione economica, che ci colpì nel 1975, e costrinse sostanzialmente lo Stato italiano a svalutare per recuperare competitività su scala internazionale; obiettivo raggiunto, perché nel 1976 l'economia italiana tornò a crescere pesantemente.

Voglio lasciare da parte rispetto a questo ragionamento l'adesione allo SME del 1979, del quale ho parlato in articoli precedenti.

                                                            Gli anni '80

Nel mentre, nel nostro ragionamento storico, l'Italia, nel 1980 aveva raggiunto un rapporto debito/PIL del 56,86%. Un debito assolutamente sostenibile, addirittura inferiore ai parametri di quello che sarebbe stato ribattezzato " Il trattato di Maastricht ", che imponeva un rapporto non superiore al 60%. Era un rapporto piuttosto sballato, senza fondamento economico, e lo scopriremo andando avanti nel ragionamento.
Il 1980 è l'anno dove l'inflazione toccò un massimo che oggi, austeri come siamo, ci spaventerebbe assai; eh si, l'inflazione era oltre il 21%, eppure non si andava a fare la spesa con la carriola (io non ero ancora nato, ma ho chiesto conferme ai miei genitori...). Non ero ancora nato, e proprio per questo mi sono preso la briga di verificare la ricchezza italiana di quel periodo. Nonostante un'inflazione che oggi definiremmo da terzo mondo, in media ogni italiano riusciva a conservare il 25% del suo salario, dopo aver fatto fronte a tutte le spese (chiaramente è una media, la disoccupazione era al 7%, quasi 7 punti meno del 2014...). Conservare il 25% del salario, in media, significava essere la nazione con il maggior risparmio privato del mondo, che sia chiaro. Insomma, in Italia si stava BENE, ma non avevamo fatto i conti con quello che sarebbe successo dal 1981 in poi.

Il 1981 fu l'anno del DIVORZIO (articolo specifico: http://simosamatzai1993.blogspot.it/2015/01/1981-divorzio-tra-tesoro-e-banca.html) tra ministero del Tesoro e la Banca D'Italia. Se fino a quel momento la Banca d'Italia era costretta a comprare l'eccedenza dei titoli di Stato emessi, che non erano stati piazzati nell'asta, ora con una semplice circolare, le veniva data facoltà d'esimersi da questo compito.
Questo chiaramente ha avuto ripercussioni pesanti sui tassi d'interesse, che schizzarono in alto per essere più allettanti per gli investitori. Le imprese trovavano più redditizio investire in titoli di Stato i loro ricavi, anziché investirli nuovamente nell'impresa. Si stima che il 50% dei profitti venissero investiti in titoli di Stato, che davano un rendimento alto e sicuro.
L'inflazione scese, e questo era l'obiettivo di questa scelta (che poi divenne obbligatoria con il trattato di Maastricht del 1993), ma la disoccupazione cominciò a salire, fino a toccare la punta massima del decennio nel 1989, al 9,7% ( quasi 3 punti in più del 1980).

In questo contesto storico, il rapporto debito/PIL, nell'arco di questo decennio, come si può vedere molto bene dal grafico, si è letteralmente impennato, perdendo qualsiasi controllo, in nome della bassa inflazione. Esso ha sfiorato il 100%, attestandosi nel 1989 al 93,06% del PIL.

                                                          Gli anni '90

Sulla scia degli anni '80, che videro un'impennata decisiva del nostro rapporto debito/PIL, anche gli anni '90 furono sicuramente un decennio molto, molto movimentato.
Sostanzialmente furono importanti nello scacchiere della costruzione dell'Euro, mentre per quanto riguarda il tema debito pubblico, noteremo due periodi differenziati lungo i 10 anni.

Il rapporto debito/PIL continuava a salire, come si può facilmente notare dal grafico (quello sul rapporto debito/PIL), e nel 1992 arrivò ad una soglia del 105,20%, superando la soglia del 100% del PIL, soglia che negli anni '80 veniva vista come una soglia impossibile da superare, pena clamorosi armagheddon statali.

Il 1992 fu l'anno dell'uscita dell'Italia dello SME, della svalutazione e della ripresa successiva del 1993, 1994 e 1995. Un periodo nella quale l'Italia tornò in surplus di bilancia dei pagamenti nei confronti della Germania (grafico affiancato).

La spesa pubblica per far riprendere a girare l'economia ebbe sicuramente un suo impatto sull'aumento del rapporto debito/PIL che arrivò, nel 1995, ad una soglia del 121,55%.
La prima parte degli anni '90 videro un aumento graduale e costante del rapporto, che tuttavia si fermò a partire dal 1996, ed intraprese un percorso di decrescita lieve ma costante, toccando nel 1999 il livello di 113,70%.

Storicamente gli anni '90 furono un decennio di costruzione di una nuova unione monetaria, dopo il fallimento dello SME. E' da notare come dal 1997, anno dell'accordo Prodi - Kohl, la bilancia dei pagamenti tra Italia e Germania, nonostante ci vedesse ancora in surplus, cominci una fase di appiattimento, per poi andare in deficit dal decennio successivo, deficit dalla quale non siamo più risaliti.  L'accordo per l'entrata nell'Euro aveva represso la possibilità di spesa pubblica degli Stati, in modo da presentarsi pronti all'appuntamento dell'Euro. E' da notare come i parametri di Maastricht (60% del rapporto debito/PIL e 3% di deficit massimo annuale) non furono presi in considerazione per l'entrata dell'Italia nell'Euro, ma neppure della Grecia. A fare proprio i puntigliosi, neppure la Germania sarebbe stata dentro quei parametri, dato che nel momento d'entrata in vigore dell'Euro 1999, il suo rapporto debito/PIL era al 61%.

                                                      Il nuovo millennio

Il nuovo millennio è un periodo, esattamente come gli anni '90, che mostra due facce: una dove il rapporto debito/PIL continuava il suo percorso di lieve ma continua decrescita, ed un secondo scenario dal 2008 in poi, che ha visto una nuova esplosione dello stesso, dovuto alla crisi economica del 2008.

Vi aggiungo un grafico, che al contrario di quello iniziale, vi mostra anche l'andamento del rapporto deficit/PIL negli anni successivi allo scoppio della crisi economica. Fonte: http://goofynomics.blogspot.com


Dal grafico possiamo notare due cose:

1) come vi avevo anticipato precedentemente, il rapporto stava scendendo nei primi anni del nuovo millennio, al contrario di quello che viene continuamente detto. Questo ci fa capire che lo scoppio della crisi anche in Italia non dipendeva dal debito pubblico (ma poi vedremo un altro grafico che chiarirà ancora di più la situazione). 
Fino al 2007 il rapporto è costantemente sceso, con un'unica eccezione nel biennio 2005-2006 dove nel complesso salì di 3 punti percentuali (dal 103 al 106) per poi riequilibrarsi sul livello del 2004 nel 2007, esattamente al 103,28%. Un livello accettabile, che riportò l'Italia ai livelli del 1992.

2) Il secondo periodo però, è quello successivo allo scoppio della crisi economica, che si presentò in Italia già dal 2008, con una recessione del 1,16%, per poi scoppiare nel 2009 con un tonfo pesantissimo del 5,5%. Un tonfo pesante, alla quale lo Stato dovette chiaramente rispondere aumentando la spesa pubblica andando a compensare gli squilibri, ed ecco qui i motivi di un aumento del rapporto.
La recessione continua e le misure d'austerità che ne sono susseguite, hanno portato non ad un miglioramento della finanza pubblica, ma ad un continuo peggioramento del rapporto debito/PIL, che oggi è al 132,8%.

Ma è chiaro, perché quando per uscire dalla recessione, imponi politiche di taglio alla spesa pubblica (che dovrebbe in realtà crescere, ma esser convogliata in settori migliori per essere più produttiva) ed a questo aggiungi tagli settoriali lineari, non fai che togliere risorse al settore privato, che oltre questo deve coprire ulteriori buchi dovuti all'aumento delle imposte (da qui al 2018 aumenteranno di altri 72 miliardi secondo confcommercio (fonte: http://www.adnkronos.com/soldi/economia/2015/02/25/fisco-confcommercio-rischio-aumento-tasse-mld-tra_69SwOhWix7y1VWtJ30vGFK.html).

L'avevo detto in tempo di legge di stabilità, proprio perché questo fu segnalato dai parlamentari m5s (link: http://simosamatzai1993.blogspot.it/2014/10/renzi-aumentera-liva-per-tre-anni.html )
Questa è l'austerità: la recessione continua, e le finanze pubbliche continuano a peggiorare. Solo nel 2014 il deficit è stato del 3% ed in termini reali di debito pubblico è salito di altri 80 miliardi.

                                                          ...un ultimo appunto

In chiusura voglio mostrarvi un grafico generale, non solo italiano, ma di tutta l'Eurozona che conta, che vi darà un'immediata visione della decrescita o della crescita del rapporto debito/PIL dal 2000 al 2005. Fonte: http://goofynomics.blogspot.com



Questa era la tendenza dei debiti pubblici nazionali... . Quello della Germania cresceva dopo le spese per la riforma Hartz, quello dell'Italia, dell'Irlanda, della Spagna, della Grecia scendeva. Da notare come quello del Portogallo stesse crescendo.
Oggi in crisi ci sono gli Stati nella quale il debito stava scendendo, ma anche il Portogallo, che andava in controtendenza! il fattore da verificare, quindi, non è quello del debito pubblico, ma è quello del debito privato.....ma questa, è un'altra puntata!

Alla prossima!


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