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lunedì 7 settembre 2015

LIBRI - LA CASA IN COLLINA, DI CESARE PAVESE. ALCUNI PASSI TRA PASSATO E PRESENTE E CONSIGLI SULLA LETTURA DELL'OPERA.

Salve gentili lettori.

In questi mesi mi sono dedicato alle lettura di libri aventi come filo conduttore la seconda guerra mondiale. L'ultimo libro che ho finito pochi giorni fa, è l'opera di Cesare Pavese "La casa in collina". Un libro molto bello, che consiglio vivamente. 
In questo articolo vorrei soffermarmi proprio su alcuni passaggi di quest'opera, che mi hanno colpito molto e che ritrovano, nonostante il periodo storico differente, un collegamento con la situazione socio-economica attuale.

Buona lettura.


La casa in collina è un'opera che risale al periodo post resistenza, perché fu scritto da Cesare Pavese tra il settembre del 1947 ed il febbraio 1948. Essa si colloca quindi nel periodo successivo allo storico referendum istituzionale a suffragio universale tenutosi il 2 giugno 1946, che ebbe come quesito posto agli italiani, la scelta tra Monarchia e Repubblica.
Fa parte di una sorta di collana di opere che sono andate a completare quello che fu il periodo storico tra ventennio fascista, seconda guerra mondiale, resistenza e post-resistenza.
Pavese subì su se stesso la forza squadrista del ventennio fascista, perché fu arrestato ed incarcerato, con l'accusa di antifascismo, arrivata dopo una perquisizione fascista nella sua abitazione, conseguenza della sua frequentazione con intellettuali antifascisti. Nella perquisizione nella sua abitazione, fu trovata una lettera di Altiero Spinelli, già incarcerato a Roma.
Fu prima arrestato, poi imprigionato e processato, con condanna a 3 anni di esilio in Calabria.

In quest'opera, il personaggio di Corrado riflette il carattere stesso di Pavese, timido, introverso, amante della solitudine e molto riflessivo. Durante la seconda guerra mondiale, lui, professore a Torino, passa le nottate in collina in un'osteria, con la fedele compagnia del suo cane Belbo, che inizialmente risulta essere l'unica sua compagnia. In collina trova protezione dal rischio di perquisizioni e bombardamenti tedeschi. Qui ritrova una sua ex fidanzata, Cate, scoprendola mamma di un giovane bambino di nome Corrado, detto "Corradino". In lui cominciano a instaurarsi dubbi sulla possibilità di essere il padre di Corradino, seppur Cate, continui a negare quest'eventualità.
Il suo rapporto con Corradino diventa sempre più amichevole, in quanto il bambino lo vede come un punto di riferimento in conoscenza, e curioso, chiede a Corrado di accompagnarlo nei boschi per ricevere conoscenze scientifiche.
Durante il racconto, Cate sarà presa ed imprigionata dai tedeschi, mentre Corrado e Corradino scampano alla perquisizione per spostarsi in un convento a Chieri.
In chiusura, Corrado, avvisato di un possibile arrivo dei tedeschi, scappa dal convento di Chieri per spostarsi nel paese dei suoi genitori, mentre Corradino scappa anch'egli dal convento qualche giorno dopo Corrado.



Ora vediamo i passi che mi hanno colpito di più.



                                                              PRIMO PASSO.


Restai solo con Cate. - Non vieni a sentire la radio? - mi disse.
Fece un passo con me, poi si fermò.
- Non sei mica fascista? - mi disse.
Era seria e rideva. La presi per mano e sbuffai. - Lo siamo tutti, cara Cate, - dissi piano. - Se non lo fossimo, dovremmo rivoltarci, tirare le bombe, rischiare la pelle. Chi lascia fare e s'accontenta, è già un fascista.
Non è vero - mi disse, - si aspetta il momento. Bisogna che finisca la guerra.


Questo primo passo ripercorre una divisione storica presente nel periodo del ventennio fascista, all'interno dei cittadini e più specificatamente degli intellettuali che non si schierarono apertamente a sostegno del regime. Questa divisione viene tuttora ricordata in: antifascisti ed indifferenti.
Gli antifascisti, schierati apertamente in prima linea contro il regime; gli indifferenti in una posizione titubante, di attesa perenne.
Questa posizione d'attesa è del tutto comprensibile se riportata in un periodo storico dove, qualsiasi cittadino non iscritto al partito fascista, rischiava di fare la fame mandando a rotoli la sua famiglia. Basta ricordare, per esempio, il metodo di reclutamento dei lavoratori utilizzato in quel periodo, con graduatorie di disoccupati che venivano classificate in anzianità d'iscrizione al partito fascista. Conseguentemente, molti padri di famiglia se volevano sperare in un'occupazione erano costretti a mascherarsi a malincuore da fascisti, a crearsi una corazza fasulla per il bene della sua famiglia.
"Chi lascia fare e s'accontenta, è già un fascista".
Oggi, quest'affermazione potremmo proiettarla al presente, in un'idea di mantenimento dello status quo di chi, pur essendo indignato per gli eventi che si sono susseguiti e che si ha il sentore possano materializzarsi ancora, mette un tappo alla sua voglia di rivolta, perché in questa condizione c'è chi ci galleggia bene, tutto sommato.
C'è chi, tuttavia, è riuscito coraggiosamente a ribaltare qualsiasi ragionamento sullo status quo, forse perché in condizioni più drastiche rispetto a quelle italiane, ed è stato il popolo greco. Ha dato a tutti una lezione di coraggio, seppur il referendum che n'è stato il punto più alto, si sia poi dimostrato una farsa.



                                                             SECONDO PASSO.


Allora rientrai nel discorso. - Non parlo di questo. Non parlo di classi. Fonso ha ragione, si capisce. Ma noialtri italiani siamo fatti così: ubbidiamo soltanto alla forza. Poi, con la scusa ch'era forza, ci ridiamo. Nessuno la prende sul serio.
- I borghesi no certo.
- Dico di tutti gli italiani.
- Professore, - esclamò Nando a testa bassa, - voi amate l'Italia?
Di nuovo ebbi intorno le facce di tutti: Tono, la vecchia, le ragazze, Cate. Fonso sorrise.
- No, dissi adagio, - non l'Italia. - Gli italiani.
Qua la mano, - disse Nando. - Ci siamo capiti.



Il fulcro di questo secondo passo è il seguente: "Ma noialtri italiani siamo fatti così: ubbidiamo soltanto alla forza".
Forza, intesa allora come strapotere militare che riesce ad imporre i suoi dicktat ad un popolo incapace di creare una vera e propria controffensiva, ed oggi come strapotere finanziario, in due epoche differenti, ma che tuttavia portano ad un elemento comune: la resistenza.
Forza, vista però anche da un terzo punto di vista, ovvero come "vincolo esterno", che costringa il popolo a fare sacrifici superiori rispetti a quelli di normale coesione sociale, con la prospettiva di una visione rosea del futuro. Sacrifici, sia chiaro, che senza la presenza di questo "vincolo esterno" non avremmo mai accettato di fare e conseguentemente la classe dirigente non avrebbe mai avuto la forza d'imporre.
E' proprio su quest'ottica che è nato il famosissimo detto "ce lo chiede l'Europa". Esso permette alla classe dirigente di scaricare le colpe di una politica di tagli alla spesa sociale e d'aumento dell'imposizione fiscale, evidentemente sgradita alla società civile, sotto l'accomodante idea di "riforma" che ci tenga al passo con gli altri paesi dell'Unione.
In questo modo il governo nazionale che si è sobbarcato l'onere d'imporre queste politiche restrittive riesce nel suo progetto, pulendosi la coscienza davanti al proprio elettorato.




                                                          TERZO PASSO.

Ora che ho visto cos'è la guerra, la guerra civile, so che tutti, se un giorno finisse, dovrebbero chiedersi: - E dei caduti che facciamo? Perché sono morti? - Io non saprei cosa rispondere. Non adesso, almeno. Né mi pare che gli altri lo sappiano. Forse lo sanno unicamente i morti, e soltanto per loro la guerra è finita davvero.



"Dei caduti che facciamo? Perché sono morti?". Una guerra, storicamente porta sempre all'affermazione di un contendente rispetto ad un altro, che dopo aver compreso l'impossibilità del suo progetto, concorda un'uscita in modo pesante. E' stato così per la prima guerra mondiale, dove la Germania pagò a carissimo prezzo il conflitto attraverso una multa salatissima concordata nel Trattato di Versailles del 1919, ed è stato così per la seconda guerra mondiale.
Ogni guerra porta con se delle conseguenze che nessun trattato di pace riuscirà mai a rimarginare. Porta con se ulteriore odio verso altri popoli, che rischia se proiettato nel futuro, di riproporre nuovi conflitti bellici. Ma, soprattutto, come scritto da Pavese lascia con se dei morti. Morti senza un perché, semplicemente vittime d'un fallimento diplomatico o una voglia di predominanza territoriale ed economica.
Qualsiasi siano le modalità delle guerre, vuoi belliche, vuoi finanziarie o economiche, esse lasciano strascichi dove si infilano ideologie di odio razziale, che produrranno esse stesse altri morti.
E' un circolo vizioso, questa domanda alla quale Pavese non si seppe, o non si volle dare (in questo caso), una risposta.


                       CONSIGLI PRECEDENTI ALLA LETTURA DELL'OPERA.

Insomma, io vi consiglio vivamente la lettura di quest'opera, pur non sapendo se il modo di narrare di Pavese possa interessarvi. Vi consiglio, precedentemente alla lettura de "La casa in collina", di leggervi due racconti minori, scritti nel 1942 e nel 1944, in quanto è li che Pavese pose le basi facendo nascere i personaggi ed il comportamento che poi ritroverete nell'opera principale.
Il primo racconto è del 1942 e s'intitola "La famiglia". Qui comincerete a conoscere 3 personaggi: Corrado, Cate e Corradino, anche se in modalità differenti rispetto al racconto principale.
Qui Corrado risulterà essere sempre una persona chiusa ed introversa (esattamente come Pavese), e ritroverà Cate, una sua ex fidanzata, mamma di Corradino, e nascerà il conflitto interiore che ritroverete nell'opera successiva, in quanto anche qui Corrado ha il dubbio che Corradino sia effettivamente suo figlio.
Il personaggio di Cate, nell'opera "La famiglia" credo che sia stato ripreso da un evento reale della vita di Pavese. Cate è una ballerina-cantante che gira il mondo con un suo gruppo di collaboratori, e ritroverà Corrado in un locale di Torino.
Ed effettivamente, nella vita di Pavese, accadde realmente in giovane età di rimanere in attesa all'uscita di un locale di una cantante-ballerina di varietà, esattamente come il personaggio di Cate (scelta che gli provocò una pleurite).
La seconda opera che dovreste leggervi prima di avventurarvi nel testo principale è brevissimo, e s'intitola "Il fuggiasco", scritto nel 1944.
Concetto di fuggiasco che fu portato all'esasperazione ne "La casa in collina", con continui spostamenti dovuti a pericoli di incursioni tedesche che mettessero a repentaglio la sicurezza.






Alla prossima!








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