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mercoledì 22 novembre 2017

"MARCIA SU ROMA E DINTORNI" E IL PERICOLO DEL NEOFASCISMO.

"Marcia su Roma e dintorni" di Emilio Lussu è forse il libro più attuale che ci sia. Io lo lessi lo scorso aprile, perché sto affrontando un percorso di avanzamento per arrivare alla cosiddetta "Prima Repubblica", che è il mio tallone d'Achille in quanto a conoscenze sulle mosse politiche dei vari schieramenti. Per ottenere un chiarimento su questi aspetti, non potevo che ripartire formandomi nuovamente con tutti i tasselli precedenti, nazifascismo compreso, ovviamente. E' un libro che mi ha stupito, perché scritto da un mio corregionale che racconta la sua esperienza diretta della realtà fascista in località davvero vicine a me, che io conosco bene. 

Credo che nella nostra società urga un confronto serio su un tema che esiste ed è in crescita e potrebbe arrivare in breve periodo a trovare nuovamente spazio nel parlamento italiano. Possiamo chiamare questo fenomeno come "neofascismo" che, date le condizioni sociali attuali e che si vedono in prospettiva, potranno solo che crescere. Molti si stupiranno probabilmente di questa preoccupazione, ma chi non ha più la classica protezione che lo esclude, momentaneamente, dalle dinamiche neoliberiste, comincia ad avere paura. Quando hai paura cominci a guardarti intorno, e scopri la rinascita di certe ideologie che si pensavano sepolte. Pensavo semplicemente di essere un giovane forse troppo timoroso di certe dinamiche, e invece, confrontandomi con altri contatti ho scoperto di non essere l'unico a temere questa deriva. Purtroppo, quando forze politiche che si definiscono di sinistra attuano una politica economica improntata sull'ideologia del neoliberismo, ovvero della destra economica, si creano le condizioni per la rinascita di fenomeni che pareva ormai superati. Esse fanno proprie tematiche all'ordine del giorno attualmente, e ottengono un perfetto cammuffamento, in quanto si appropriano di istanze d'attuazione costituzionale che si rifanno alle idee sovraniste promosse da studiosi esterni alla politica, sia di destra che di sinistra. Il cammuffamento tra sovranismo e nazionalismo, attualmente, con l'accettazione del vincolo esterno bipartisan promosso dal "Sogno €uropeo" a colpi di austerità e deflazione salariale, fa sì che queste nuove realtà possano promuovere un programma a tratti ampiamente condivisibile, proprio perché fondato, apparentemente, sul perseguimento di punti programmatici in opposizione alla causa di questa deriva neoliberista. Mi sto riferendo, ovviamente, la costruzione europea ordoliberista. Pare che queste nuove realtà stiano riuscendo a procurarsi uno spazio politico ottenendo una legittimazione. E' qui, che ci viene in soccorso Emilio Lussu.
Nella sua retrospettiva storica di ciò che fu l'ascesa del Fascismo, ci racconta che nel ventennio dittatoriale, in realtà, l'arte del compromesso fu all'ordine del giorno e, soprattutto, sulle tematiche pesanti, specialmente relative agli interessi economici privati, tutto rimase perfettamente inalterato rispetto alle condizioni preesistenti all'ascesa del regime.
Questo è un punto importante, fondamentale, se andiamo ad unirlo a un discorso parlamentare d'opposizione di Mussolini, raccontato da Lussu, che al tempo sedeva in Parlamento. La sua idea espressa di Stato era uno Stato che si mettesse di lato rispetto agli interessi privati, uno Stato che possiamo definire come "Stato minimo", perfettamente compatibile con le politiche ordoliberiste che oggi subiamo nell'Eurozona. Era un'idea di Stato che garantisse un ordinamento giudiziario ben funzionante, ma che abbandonasse tutto il resto all'attività privata. Una perfetta concezione liberista, che vedeva nel mercato l'unica soluzione.
Attuale, attualissimo, come le condizioni che portarono al potere il nazifascismo. Nell'Italia del primo dopoguerra, Lussu ci racconta di una stagnazione dei salari, che nei casi peggiori diminuivano. Aspetto che ritroviamo anche in Germania, posteriormente alla crisi del 1929, che fu gestista da governo Bruning a colpi di austerità.
La condizione d'accettazione, conseguentemente, potrebbe essere nuovamente quella di un secolo fa.
Oggi ritroviamo una colpetizione mercantilista tra i paesi dell'€urozona, dove, non potendoci essere un aggiustamento monetario tramite la svalutazione della moneta nazionale, vi è un aggiustamento  della competitività che ricade sui salari, tramite la deflazione salariale e l'attacco ai diritti sociali. In questo modo, la componente lavoro ha un costo minore e il prezzo del bene torna competitivo nella sfida mercantilistica interna all'Europa. Lo Stato perde via via la sua componente costituzionale di Stato sociale, di perseguimento dell'articolo 3 comma 2 della Costituzione sull'uguaglianza sostanziale, in una perenne guerra tra poveri, spesso tra generazioni, con l'età pensionabile che sale e il conseguente mancato ricambio tra vecchie e nuove generazioni sul campo lavorativo.
In una situazione come questa, dove il pacco viveri offerto gentilmente dai nuovi/vecchi che si stanno riaffacciando sullo scenario politico, purtroppo, aiuta a far mangiare un paio di giorni in più i propri figli, le condizioni per una nuova deriva ci sono tutte.
Questo non è il momento di occuparsi della censura di questi temi, di per se anch'essa fascista, anche perché il dialogo e la condivisione di questo pericolo fa sì che possa emergere un confronto costruttivo. Non è il momento di concentrarsi sulla censura di piccolezze, della distruzione della Storia, anche architettonica di quel periodo, ma è il momento di ricominciare a leggere ciò che fu. La Storia è lì per insegnare, e rimuovendola, come si è provato a fare nell'ultimo periodo tramite una legge che in realtà rischia più che altro di colpire la condivisione d'informazioni e il libero confronto sul tema, si fa solo un assist al neofascismo. Mettere un tappo al passato non serve.
Da questo punto di vista, ci viene in soccorso Pasolini, nella sua analisi di Sabaudia, nel documentario "La forma della città", del 1974. 


Pasolini afferma che i fascisti non sono riusciti, nonostante il loro ventennio dittatoriale, non solo a mutare, ma neppure a scalfire la realtà dell'Italia preesistente (questo lo disse anche Lussu). Conseguentemente, concentrarsi sugli aspetti esteriori, nel caso specifico relativo all'architettura di Sabaudia, in realtà non serve.
Lussu ha avuto un pregio, quello di saper prendere atto della sconfitta per preparare nel medio periodo la propria rivincita. Tuttavia, come ha spiegato in un passo del libro appena successivo al racconto dell'Aventino, la psicologia di massa per creare la rivincita democratica non si crea in un giorno. Già oggi, prendere atto del rischio in evoluzione sarebbe un grande passo avanti. Anche nel 1919 si partì con 4000 voti, due anni dopo misero 37 deputati, e poi sappiamo come proseguirono gli eventi.
Diciamo che, sempre rifacendosi a Lussu, non fossilizzarsi sul comportamento che ebbe l'allora presidente del Consiglio Facta, che lui definiva come "Il presidente che nutriva fiducia" (sul fatto che tutto sarebbe andato nel migliore dei modi), comincerebbe ad essere un passo in avanti nell'analisi.

Dato che ci stiamo avvicinando al Natale, credo che possa essere un'ottima idea quella di regalarlo ai nostri fratelli, nipoti, cugini adolescenti, per prepararli a non vedere più questa realtà esclusivamente come un evento del passato, irripetibile. Proprio per questo motivo, ritengo che "Marcia su Roma e dintorni" sia il libro più attuale nel panorama letterario italiano.

Per approfondimenti, non posso che consigliarvi questa lettura dal blog di Bagnai: Campo Despedienti (Frazione di Giovinia).