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lunedì 8 gennaio 2018

LIBRI - LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA ITALIANA, AMOR DI PATRIA E RIFLESSIONI ALLEGATE.

Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana è stato l'ultimo libro del mio 2017. Non posso definirlo con assoluta certezza il più toccante, ma esclusivamente per il fatto che, precedentemente ad esso, io abbia letto "Se questo è un uomo" e "La tregua", di Primo Levi. Applicare una scelta tra queste opere è davvero complesso.
Leggendo quest'opera ho notato un continuo richiamo all'amor di patria, e quindi all'orgoglio di essersi battuti fieramente per il futuro dell'Italia occupata. In tutte le ultime lettere inviate dai condannati, sento particolarmente vicina ai miei ideali quella inviata da un ragazzo di diciannove anni, Giacomo Ulivi. Giacomo si battè contro il nazifascismo, e fu catturato per tre volte. Nelle prime due esperienze, con grandissima tenacia, riuscì a scappare e, in un momento di libertà tra la seconda fuga e l'ultima cattura ad opera delle camicie nere, scrisse una lettera ai suoi amici. Non era una lettera d'addio, in quanto aveva appena riconquistato la libertà, e potè quindi proiettarsi verso il futuro, oltre il nazifascismo, verso la liberazione e la successiva ricostruzione della nostra società.
Il pensiero espresso da Giacomo nelle quattro pagine scritte è di un valore davvero altissimo. Mi chiedo cosa sarebbe potuto diventare all'interno della società post liberazione, se solo avesse avuto la possibilità di esserci materialmente. 
Egli fece riferimenti alla ricostruzione, ma non tanto materiale. Infatti, prima di preoccuparsi di tutto quello che di materiale si sarebbe dovuto ricostruire, si preoccupò di porre l'accento su una ricostruzione dell'uomo, della società italiana. Un inizio assolutamente calzante, dato che si arrivava da un ventennio che aveva staccato la gente dalla politica. Il Fascismo, aveva dato l'idea che "la politica fosse lavoro di specialisti". Cito testualmente una serie di sue riflessioni:
- "Ci siamo fatti strappare tutto da una minoranza inadeguata, moralmente e intellettualmente";
- "Il brutto è che le parole e gli atti di quella minoranza hanno intaccato la posizione morale, la mentalità di molti di noi";
- "Oggi bisogna combattere contro l'oppressore. Ma è bene prepararsi a risolvere quei problemi  in modo duraturo, e che eviti il risorgere di essi e il ripetersi di tutto quanto si è abbattuto su di noi".

Un appunto finale a questa riflessione.

Io, purtroppo, qualche collegamento storico lo trovo, e mi batto contro chi assoggetta, in qualsiasi forma. Oggi, inutile negarlo, la forma di controllo è cambiata, ma andando avanti su questa strada, l'insurrezione potrebbe essere gestita proprio da quelli che ritengono che sia la vecchia scuola la modalità giusta. Come ho ascoltato bene dall'economista Sapelli:<< Il contrario del liberalismo è mettere in una Costituzione la forma della politica economica. E' negare di fatto la democrazia. Noi l'abbiamo fatto, fino a scriverci che non dobbiamo fare debito pubblico. Siamo diventati pazzi>>. E ancora:<< Questo è figlio d'intellettuali cosmopoliti che non sanno cosa sia l'amor di patria >>.
A me, sinceramente, l'amor di patria resta ancora, e oggi viene strumentalizzato in negativo. Si fa un miscuglio intellettualmente ignorante, per far apparire l'amor di patria, come l'anticamera del nazionalismo. Ma non c'è nulla di più falso, e questo libro lo dimostra in maniera inequivocabile. Dei condannati a morte italiani, che lottavano contro il nazionalismo italiano e tedesco, che nell'ultima lettera alle famiglie, rivendicavano con fierezza il loro sacrificio sull'altare della patria.
Oggi, nel 2018, avere amor di patria significa battersi per fermare le limitazioni di sovranità a enti sovranazionali e, al contrario, rivendicare il recupero della sovranità perduta. Questo, per me e per molti altri cittadini, è la priorità in quanto laddove ci sarebbe dovuta essere una piena cooperazione tra gli Stati appartenenti all'Unione Europea, e specialmente all'Eurozona, si riscontra invece uno scontro tra diversi interessi nazionali, dove la più forte, lentamente, fagocita le altre realtà che le stanno intorno.
Allora all'amor di patria, oggi, viene attribuito artificialmente un significato differente da quello reale?
L'abbiamo dimostrato nei ragionamenti precedenti che i soggetti che mostravano d'aver amor di patria volevano restituire onorabilità e istituzioni pienamente democratiche alla propria società.
Su questa strada non c'è nazionalismo, e sarebbe stupido pensare che chi lottò contro il nazionalismo, avesse l'intenzione di costruirne uno nuovo. Su questa strada non c'è nazionalismo perché non ci si vuol minimamente credere superiori a nessun altro popolo, ma si vuol esclusivamente ripristinare il pieno potere delle istituzioni democratiche statali.
Una di queste istituzioni è la moneta. Appoggio quest'idea con tantissimi italiani, di color politico che va da persone di sinistra fino a quelle di destra, ma rispettose del dettato Costituzionale, figlio di quell'esperienza storica che fu il nazifascismo. 
Confondere questa via per una deriva nazionalista è ignorante, ma lo trovo comprensibile, tanto che alcune proposte emergenti sulla scena politica italiana, ancora poco visibili, ma non si sa per quanto, hanno preso questi punti e ne fanno un loro canto di battaglia, restaurando nello stesso tempo vecchi ricordi.
Più lo stallo andrà avanti e più loro cresceranno perché, come è facile comprendere, subire un'egemonia esterna rischia di creare risentimento.



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